L. 242/2016 COMMENTATA
Per chi avesse ancora dubbi sull’interpretazione del testo di legge, l’avv. Zaina ha pubblicato un recente commento esaustivo, qui riportato in buona sintesi
L’art. 1 comma 1 della legge sotto la rubrica “Finalità” sancisce che: «La presente legge reca norme per il sostegno e la promozione della coltivazione e della filiera della canapa (Cannabis sativa L.)». L’art. 2 “Liceità della coltivazione” al comma 1 afferma: «La coltivazione delle varietà di canapa di cui all’articolo 1, è consentita senza necessità di autorizzazione».
Il termine “Cannabis light” mira ad individuare in modo semplificato e discorsivo quel tipo di Canapa che presenta un principio attivo THC inferiore o uguale al limite di 0,6%, limite introdotto dall’art. 4 della L. 242/2016
È evidente che questa norma di salvaguardia sia stata concepita originariamente per il coltivatore, ma – in concreto, con la parola filiera – abbia esteso (per analogia in bonam partem) la propria sfera di influenza anche in relazione alla successiva attività di commercializzazione del prodotto, assumendo il carattere discriminante di legalità anche per il soggetto che ponga in vendita piante o sostanze che risultino – per certificazione – conformi ai limiti indicati.
OBBLIGHI DEL COLTIVATORE
Il coltivatore ha l’obbligo della conservazione dei cartellini della semente acquistata per un periodo non inferiore a dodici mesi. Ha altresì l’obbligo di conservare le fatture di acquisto della semente per il periodo previsto dalla normativa vigente.
Vi è, inoltre, da rilevare ulteriore deroga all’applicazione di sanzioni penali, in ipotesi del superamento del limite dello 0,6% contemplata nel co. 7 dell’art. 5, che prevede: «Il sequestro o la distruzione delle coltivazioni di canapa impiantate nel rispetto delle disposizioni stabilite dalla presente legge possono essere disposti dall’autorità giudiziaria solo qualora, a seguito di un accertamento effettuato risulti che il contenuto di THC nella coltivazione è superiore allo 0,6 per cento. Nel caso di cui al presente comma è esclusa la responsabilità dell’agricoltore».
Ritengo, peraltro, che una simile ipotesi – a differenza della precedente – rimanga circoscritta al coltivatore, perché presuppone un controllo effettuato direttamente sulla coltivazione presso i luoghi di svolgimento di tale attività e non successivamente quando le piante e le sostanze ricavate siano uscite dalla sfera di disponibilità del produttore.
PER VENDERE IL PRODOTTO
Ritengo che, per potere procedere ad una corretta commercializzazione di prodotti derivati dalla coltivazione di Cannabis Sativa L., si debbano pretendere precise garanzie dal coltivatore. Costui deve rilasciare idonea certificazione che dimostri che i prodotti ottenuti con la coltivazione presentano un THC non superiore allo 0,6%. La certificazione deve provenire da un laboratorio di analisi, anche se privato.
Il prodotto deve essere confezionato e sigillato e ciascuna busta dovrà essere corredata da una etichetta che indichi l’area geografica di provenienza (o la nazione), l’indicazione del lotto originario e il livello di THC certificato.
Il problema rimane sotto il profilo della collocazione del prodotto all’interno di specifiche categorie merceologiche, che possono formare oggetto di attività commerciale. È bene precisare che l’art. 2 della citata L. 242/2016, al comma 2 individua alcune categorie di prodotti ottenibili dalla canapa coltivata. Alla luce delle premesse svolte, si deve ritenere che la messa in vendita di infiorescenze in sé, per essere considerata legale debba essere fatta rientrare, a scelta, in qualcuna delle categorie sopra indicate, o comunque con la dizione “prodotto tecnico”, espressione generica e come tale non contestabile.
Il commercio all’ingrosso e al dettaglio di infiorescenze è dunque legale se avvenga nel rispetto di queste norme stabilite dalla L. 242/2016. Ora il ministero della Salute dovrà legiferare sulla percentuale di THC che può essere contenuta nei prodotti per la cura del corpo e nei cibi ad uso umano.
Autore: Avv. Carlo Alberto Zaina
Patrocinante in Cassazione e Magistrature Superiori. Laureato a Bologna nel 1980, iscritto al foro di Rimini. Segue l’intera parte legale della rivista Dolce Vita e risponde alle domande degli utenti sul forum di Enjoint.com
Pubblicato il 20 febbraio 2018 su dolcevitaonline.it
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(con Avvocato Zaina)
Articolo di Frà Benedetto
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